Oggi è il 2 gennaio del 2014 secondo il calendario gregoriano. Attenendoci al calendario islamico, invece, ci troveremmo nel 1392. Sapere in che anno siamo sulla base degli oscuri computi di qualche bellicosa fede mono- o politeista, tuttavia, non ci è poi di grandissimo aiuto. Raramente il nostro equilibrio emotivo ed intellettuale concorda con calendari e ricorrenze. Anzi, spesso si sviluppa un (voluto o non voluto) anticonformismo del cuore, che ci porta ad essere tristi a Natale, decisamente allegri ad Ognissanti e piuttosto indifferenti alla Pasqua. Parlo dal punto di vista di chi è stato condizionato in tenera età ad adorare un Dio unico, ovviamente. Sotto sotto, credo che il computo degli anni serva solo a generare angoscia. Ci ricorda mortalità ed invecchiamento. Possiamo però computare gli anni in modo personale, ovviando a questo problema. Nel mio caso, il 2012 del calendario gregoriano è stato l’Anno della Sofferenza. Un male mi si è formato dentro, lampante, e non potevo più nascondermi da esso. L’anno successivo è stato quello del Disastro – il male ha dispiegato pienamente tutti i propri effetti -, e quello che comincia ora sarà l’Anno della Rinascita. Fisica, spirituale, intellettiva ed emotiva. Nessuno dei quattro aspetti verrà trascurato. La frase che funge da titolo mi è venuta in mente passeggiando alle 6 del mattino di Capodanno, in preda a un freddo scarsamente cortese. Mi sembra buona come qualsiasi altra per celebrare l’inizio, e sicuramente migliore di molte che ho già udito. L’Anno comincia ora, e porterà lontano, molto lontano.
Mi piaceva l’inizio, ma la volata superomistica del finale mi lascia un po’ perplesso…