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Thalassa

Nuotare è molto più di uno sport.  Possiamo riciclare questa frase per ogni attività sportiva concepita da mente umana, dal Taekwondo al Curling. Probabilmente, questa frase è già stata utilizzata per qualsiasi sport mai esistito, da maniaci del fitness, bloggers monotematici o pubblicitari stanchi ed incazzati.  Non mi ingegnerò a cercare un nuovo modo di definire ed elogiare l’arte natatoria, non oggi.  E sul fenomeno delle parole ormai logore, logore perchè ripetute fino all’abuso in qualsiasi contesto e da chiunque, mi spenderò un’altra volta. Mi limito a dire che il nuoto è molto più di uno sport, per me. Cerco di praticarlo tutti i giorni eccetto la domenica, e questa interruzione è dovuta soltanto al fatto che il posto in cui vado ha la brutta idea di restar chiuso un giorno a settimana. Se potessi, ci pianterei le tende. Il nuoto mi piace in sè, come piace a buona parte della nostra specie. E’ un’attività fisica piacevole. Siamo noi stessi ad imporre il ritmo che più ci piace: ed il contatto con l’acqua, per coloro che non ne hanno paura, è sempre gradevole, calda o fredda che essa sia.  In più, nuotare non impone di avere rapporti  col prossimo per un pò di tempo: quest’aspetto riscuote sempre grande successo fra caratteri misantropi, scontrosi o timidi ed insicuri. Per quel che mi riguarda, entrare in vasca prevede un fastidio iniziale (spogliarsi, caracollare fino alla vasca, subire l’impatto dell’acqua immancabilmente gelida), un piacere mediano (attivare il proprio corpo fin dalla prima bracciata, e sentirlo risvegliarsi progressivamente) ed un’apoteosi finale (sempre più veloce, sempre più veloce, con sempre meno peso e fatica addosso). Nuotare mi permette di rilasciare senza freni tutte le ansie, le angosce, le energie negative che si caricano dentro di me nel corso delle 24 ore. Rilasciare, che bel verbo.  Le lascio andare aumentando progressivamente la forza di gambate e bracciate, diventando sempre più veloce, ignorando quei piccoli dolori propri di un corpo che non è certo quello di un atleta. Quando arrivo alla  fine, manca poco che io stia urlando sott’acqua. E anche se fosse, che problema c’è? Lì sotto, nessuno ti sentirà urlare, parafrasando una delle più azzeccate locandine cinematografiche di sempre.  Se però il nuoto fosse soltanto questo, un punching ball andrebbe benissimo. E invece, il nuoto ha molto più da offrire. Dopo una quarantina di minuti di sforzo fisico, all’improvviso, vi accorgerete di stare scivolando in acqua.  Oh, i vostri muscoli continuano a fare il loro lavoro, ma voi non ve ne rendete conto. Qualche altro minuto, e non state scivolando: voi siete acqua. Il peso terrestre, con le sue costrizioni, sembra evaporato. Vi muovete con grazia, o almeno così vi sembra. Ed è praticamente la stessa cosa, dato che le persone aggraziate, semplicemente, credono di esserlo. Da quel momento in avanti, godrete di uno stato di grazia che vorreste prolungare all’infinito. Fosse per me, da lì in poi nuoterei per almeno due ore. Non c’è peso: spesso sono l’ultimo rimasto in piscina, perciò non vi sono neanche suoni.  Forse sono un acquanauta spedito in ricognizione negli anni Venti del Ventunesimo secolo, per cercare nuovi habitat su di un pianeta sovraffollato. Forse sono un astronauta, e quella che mi sembra acqua è un effetto dell’assenza di gravità d’un pianeta sconosciuto e remoto. Sto volando a bassa quota nei suoi cieli, come uno stagionato ed incredulo pesce di 183 cm. L’appannamento dei miei occhialetti, unito a dosi massicce e quasi letali di immaginazione e sense of wonder, fanno il resto. Sono un astronauta in incognito? Un esploratore dei fondali? Un pesce in vasca, che nuota inconsapevole di essere destinato al macello? Chi se ne importa. Per otto, massimo dicei minuti al giorno io mi distacco da qualsiasi cosa che vi sia di grave, terrestre, banalmente ed irriducibilmente reale. Uscire dall’acqua è un pò come fuggire, ancora una volta, dall’utero.  Di colpo, sono di nuovo pesante. Sulle mie spalle si deposita una tensione sconosciuta. Le mie gambe, che fino a un istante prima guizzavano felici, devono ricordarsi come si faccia a camminare. Anche per oggi, la mia ora quotidiana di nuoto è finita. Ed ora, ho soltanto altre 23 ore e 59 minuti prima di tornare nello spazio, o fra gli abissi oceanici.

PS:  I Greci avevano una parola bellissima per indicare il mare, una parola liquida. Thalassa.